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sabato 28 luglio 2012

Il ruolo progettuale del CSEN nell’area della promozione sportiva e sociale




Due eventi eccezionali hanno scandito negli ultimi


mesi l’ordinaria amministrazione del CSEN: il


Congresso nazionale straordinario che ha proceduto
alle variazioni statutarie e l’Assemblea
organizzativa.
Entrambe svoltesi a Roma, hanno rappresentato
per il CSEN un importante momento di dibattito e
riflessione intorno alle molteplici problematiche
che investono la società civile.
Il nostro Ente oramai in testa alla top ten degli Enti
di promozione sportiva per numero di associazioni
sportive dilettantistiche iscritte al Registro
CONI e per attività promozionale effettivamente
svolte e per le cui finalità educative gli viene
riconosciuto un unanime consenso, si pone oggi come
interlocutore primario nell’ambito dello sport
di base ed amatoriale.
Il CSEN si ritrova, quindi, ad essere una fonte imprescindibile
di iniziative che spaziano nell’ambito di
qualsiasi disciplina, dalla più semplice alla più complessa,
tutte però collegate al bisogno della persona
di sviluppare attività ludico-motoria di base per il
benessere della persona.
In questo scenario che ci ha consegnato la leadership
dello sport amatoriale, noi intendiamo proseguire
con la semplicità di sempre, nella immediatezza
delle risposte, nella concretezza degli interventi,
senza discrasie e interferenze, nell’umiltà che ci ha
sinora accompagnati.
Dedichiamo il nostro successo a quanti hanno collaborato
con commovente abnegazione e spirito di
servizio nella prerogativa di dare all’Italia un nuovo
modello di sport, di vita sociale, di influenza su
quanti detengono i poteri e la gestione di quanto da
noi effettuato.
Or bene, ci attendono momenti difficili data la specifica
contingenza politica nazionale ed europea, che
ci auguriamo poter superare. Faremo la nostra parte
al meglio delle nostre possibilità nella speranza di
giorni migliori, di maggiore tranquillità e serenità
d’animo.
Prof. Francesco Proietti
fonte: csen news editoriale 

sabato 14 luglio 2012

CORSO DI MASSAGGIO AYURVEDICO II° LIVELLO

Sabato 14  e Domenica 15 Luglio 2012 si svolgerà a Germagnano (Arezzo) il primo incontro del corso di Massaggio Ayurvedico di II° Livello riconosciuto CSEN/CONI.

Il corso è organizzato dall'Associazione Raziel. Per ulteriori info consultare il sito:
asd Raziel

giovedì 12 luglio 2012

INTRODUZIONE ALLO YOGA

“Un essere umano è parte di un tutto chiamato Universo.
Egli sperimenta i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualche cosa di separato dal resto: una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una specie di prigione.
Il nostro compito deve essere quello di liberare noi stessi da questa prigione
attraverso l’allargamento del nostro circolo di conoscenza e di comprensione,
sino ad includervi tutte le creature viventi e l’intera natura, nella sua bellezza”. Albert Einstein

Lo Yoga è una scienza antichissima che si è sviluppata in India nel corso dei millenni. Nacque con l’intento di ricondurre l’uomo alla corretta percezione della Realtà riportandolo a contatto con sé stesso, conducendolo, passo dopo passo, alla scoperta del suo autentico retaggio spirituale. Questo processo, sostenuto da esperienze dirette e non da postulati mentali, aiuta a scoprire lo Yoga non attraverso la semplice speculazione ma attraverso la vita stessa. La filosofia su cui si basa è quella direttamente percepita dai saggi, rishi, che la trasmisero a loro volta oralmente.

Il primo uomo sulla Terra tentò di comprendere “chi” fosse e verso “che cosa” procedesse si affidò agli strumenti che aveva a propria disposizione per indagare sulla sua natura. Il primo è di sicuro la Natura, non intesa solo come percezione sensoriale ma come Natura intrinseca. Con questo termine ci riferiamo non solo agli animali, ai vegetali e ai minerali, che studiò ed imitò, ma anche alle stelle, al cielo e ai fenomeni che in essi poteva osservare. L’altro strumento, a cui era ancora più vicino, non poteva essere che sé stesso.
Affinando le sue capacità intuitive e di osservazione, fu in grado di vedere al di là di ciò che appariva e di penetrare i segreti della propria Reale Natura. Le “metodologie introspettive” che raffinò sempre di più lo portarono a valutare campi in apparenza diversi, ma tutti legati ad un unico substrato.

 La parola Yoga deriva dal vocabolo sanscrito “Jug” che significa unire, aggiogare, legare assieme. Viene spontaneo chiedersi che cosa ci sia da unire.
Secondo alcuni studiosi l’elemento che caratterizza i suoni che compongono questa parola è esaustivo nel trasmettere il loro significato più profondo. Infatti, alla “Y” viene attribuita una valenza maschile di “congiunzione”, anche secondo l’ideogrammatica. Il suono seguente, la “o”, porta intrinseco il valore del “congiungimento continuo”, senza principio né fine, laddove tutti i punti sono disposti alla stessa distanza dal centro.
Il suono immediatamente dopo è quello espresso del simbolo “g” che viene considerato un suono femminile - ad esempio Gea, la dea greca della Terra - al quale fa riferimento la procreazione. L’ultimo segno è la “a” che deriva dal simbolo “alfa” che ha un valore intrinseco di virilità.
 L’idea dell’unione ci porta a riflettere più che su un concetto di separazione che precede l’unione, sulla valutazione della veridicità della supposta separazione.

Nella discesa dentro si sé e nel cuore della Natura, colui che pratica yoga ha dei mezzi a sua disposizione, degli strumenti attraverso i quali l’individuo sperimenta, mette in discussione, ricerca a partire dalla valutazione di ciò che percepisce nella pratica. Il modo in cui agisce lo yoga è descritto nell’immagine che ci è stata tramandata, in cui abbiamo un carro trasportato da cavalli e da un conducente che giuda il carro con qualcuno al suo fianco. Ebbene, il carro rappresenta il corpo materiale, i cavalli i sensi e i mezzi d’azione, il conducente le facoltà mentali, la figura che gli è posta accanto è l’io; il dominio di tutto questo è yoga.

Possiamo così comprendere che lo yoga non è una religione ma una “disciplina” fondata sulla sperimentazione diretta e sull’osservazione delle interazioni tra corpo, mente, facoltà mentali, sensi e  mezzi d’azione dei sensi.
Le considerazioni che la pratica produce attraversano il corpo, la mente e le emozioni dell’essere umano invitano a sviluppare un atteggiamento consapevole nei confronti delle dinamiche che li caratterizzano e che li condizionano.

Questa antichissima scienza contiene nelle sue pratiche le conquiste filosofico - scientifiche dell’uomo; negli esercizi appare evidente che il praticante disciplina il suo corpo, acquieta la mente per osservare che cosa si cela dietro tutto questo.
Gli yogi scoprirono attraverso la pratica costante e minuziosa che la Vita si manifesta a vari livelli, da quelli più grossolani e materiali fino a quelli più sottili e impalpabili. Essi giunsero alla conclusione che tutta l’esperienza in questo piano di evoluzione è per lo più di conoscenza ed apprendimento di quell’infinita Consapevolezza che deve essere realizzata per essere.

Ma quale è la relazione tra il corpo e lo yoga? La relazione sta nel riscoprire non tanto il tempo come “sequenza lineare di istanti“ ma come rappresentazione dei cicli della natura. Il tempo nello Yoga è un’esperienza, un ritmo, una frequenza. I ritmi regolano le infinite attività dell’organismo dal punto di vista fisico ed energetico; nel praticare ci si rende conto della validità di questa conoscenza interiore: i cicli. L’alternanza del giorno e della notte corrisponde a momenti di intensa attività seguiti da momenti di completo riposo. Collegarsi a questi ritmi significa “reintegrarsi”, “riunirsi” alla Natura.
In particolare si possono identificare tre momenti diversi relativi ai cicli: creazione, mantenimento/trasformazione e distruzione. Nella tradizione indiana questi tre stadi cosmici sono correlati a tre divinità distinte. Anche nell’Ayurveda – la scienza della vita - le tre fasi sono descritte da tre energie o dathu: vata o catabolismo, pitta o metabolismo e kapha o anabolismo.

Lo Hatha Yoga, per esempio, parte dagli aspetti più tangibili dell’essere come il corpo, per muoversi verso quelli più sottili quali il respiro e le facoltà psichiche utilizzandole come strumenti per collegarsi al flusso della Vita per sperimentarne i ritmi e le alternanze. Il corpo viene studiato attraverso le Asanas (posizioni corporee), il Pranayama, ponte tra uomo e forze cosmiche, la studio della mente che contempla tecniche di  concentrazione, di meditazione e  dal rilassamento o Nidra.




A Sansepolcro (Arezzo) corsi di pratica yoga e corsi di formazione Insegnanti presso:
asd Raziel

IL TRATTAMENTO SHIATSU



La parola massaggio deriva dall’arabo mass e significa toccare, palpare; sotto questa definizione si raggruppano oggi decine di tecniche differenti, nate da teorie e scuole diverse, Il massaggio classico, il massaggio connettivale, il rolfing, il massaggio californiano, il linfodrenaggio manuale, la riflessologia e altre tecniche meno diffuse fanno parte della cultura occidentale e si sono sviluppate in tempi relativamente recenti, mentre lo shiatsu , il massaggio indiano, il massaggio ayurvedico e il massaggio thai appartengono alla millenaria tradizione orientale. Negli ultimi decenni, l’incontro tra la cultura occidentale e quella orientale ha determinato interessanti sviluppi nell’evoluzione delle tecniche manuali, tanto che oggi molti professionisti tendono a impiegare metodologie miste, ampliando in questo modo il proprio bagaglio culturale. Nell'ambito dei Trattamennti manuali , Il termine Shiatsu significa letteralmente pressione con le dita. Lo Shiatsu è una forma di manipolazione che si esercita principalmente con i pollici, i palmi delle mani, i gomiti e, in alcuni stili anche , con nocche, ginocchia e piedi, senza l’ausilio di strumenti meccanici o d’altro genere. Lo Shiatsu affonda le sue radici nelle forme di manipolazione e trattamenti tradizionali orientali, arrivò in Giappone tra il VII e l’VIII secolo d.C. portato da alcuni monaci che avevano conosciuto le discipline corporee della Medicina Tradizionale Cinese.
Successivamente venne riconosciuto come pratica autonoma in Giappone negli anni Cinquanta, ma esistono oggi diverse scuole di Shiatsu nel mondo, che si differenziano per i caratteri che i vari maestri (Namikoshi, Masunaga, Ohashi e altri) hanno loro imposto.



I principi basilari del trattamento Shiatsu , come per l’agopuntura, derivano dalla convinzione che l’energia vitale (chiamata qi dai cinesi) scorra in tutto il corpo attraverso i meridiani che collegano i vari organi. I meridiani sono linee invisibili in quanto non corrispondono al tragitto anatomico dei nervi o dei vasi sanguigni.

I disturbi fisici e psichici sono l’espressione di squilibri nel flusso di quest’energia, scopo dello Shiatsu è riequilibrare: allentare la tensione dove c’è un eccesso e nutrire, tonificare e riempire dove c’è una carenza.

Le pressioni, vengono effettuate su punti specifici chiamati Tsubo: l'operatore applica diversi tipi di pressione per preservare e riequilibrare il flusso di energia, richiamando nelle zone trattate sangue e linfa, con un aumento di calore e un miglioramento della capacità di eliminazione delle tossine. Inoltre con l'aiuto di rotazioni, mobilizzazioni e stiramenti, le articolazioni diventano più mobili e lubrificate, le tensioni si allentano e si ha una generale sensazione di rilassamento.

Il trattamento Shiatsu tradizionale si effettua a terra , su un tappeto imbottito (tatami), ma normalmente viene anche eseguito su un lettino basso da massaggio, che consente all'operatore di effettuare lo stesso le pressioni, utilizzando il peso del suo corpo anziché la forza muscolare.

Il trattamento shiatsu si esegue direttamente su un vestito leggero o una tuta, evitando il contatto diretto con la cute. Non vengono utilizzati quindi oli o creme, come invece avviene in altri tipi di trattamenti manuali.

Esistono dei trattamenti shiatsu completi costituiti da una sequenza di manipolazioni codificata (katà), ma può anche essere effettuato un trattamento specifico a seconda del problema.
Le possibili applicazioni dello Shiatsu sono numerose: è una tecnica di riequilibrio efficace in tutti i disturbi articolari e della colonna vertebrale (in particolare le lombalgie), alla cefalea muscolotensiva ecc.., ma può trattare anche insonnia, tensione nervosa e muscolare.

a Roma: Shiatsu Namikoshi presso:
 asd Stili di Vita

lunedì 9 luglio 2012

IL BURRO DELL'INDIA ANTICA



L' Ayurveda considera il Ghee un Rasayana, ovvero un metodo anti-invecchiamento. Potete comprarlo oppure farvelo in casa (qui sotto la ricetta).
Il Ghee è ciò che resta del burro dopo l'eliminazione dell'acqua e della componente proteica. Può essere conservato per molto tempo anche a temperatura ambiente. E in India è onnipresente, poiché viene utilizzato in cucina per arrostire, friggere e condire (Chapati e Ghee è il corrispondente indiano del nostro pane e burro), ma anche dai medici ayurvedici che lo prescrivono sulla base della diagnosi dei Dosha, spesso insieme a specifiche erbe.





Il Ghee infatti pacifica Vata e Pitta e aumenta il fuoco digestivo. O in altre parole: può essere utile per chi ha problemi digestivi ed è benefico per il sistema nervoso, contribuendo a mantenere la mente serena, facilitando l'apprendimento e potenziando le facoltà intellettive.
Ma soprattutto, il Ghee funziona come un alimento di sostegno per tutti i tessuti che compongono il nostro corpo, contrastando i processi di invecchiamento.
Si ritiene anche che il ghee, applicato alla sera sotto la pianta dei piedi, favorisca il sonno mentre c'è chi lo applica sulle palpebre per curare l'affaticamento degli occhi.
Però attenzione: è bene che l'uso continuativo di Ghee, assunto per via orale, venga effettuato sotto il controllo di un medico ayurvedico. Se non altro perché il suo impiego come alimento può aumentare la colesterolemia.
Una curiosità: in India si ritiene che il ghee invecchiato sia ancora più potente. Si racconta che siano custoditi dei Ghee centenari cui sono attribuiti portentosi effetti terapeutici.



Come si prepara

Prendete un panetto di burro, ponetelo in un pentolino e fatelo fondere a fuoco molto basso
Sciogliendosi il burro diventa una sostanza biancastra e schiumosa
Con un cucchiaino togliamo la schiuma bianca
Continuiamo a riscaldarlo a fuoco lento: si forma ancora schiuma che provvederemo a togliere
Rimane un liquido di colore giallo. Continuando a riscaldare si forma ancora una schiuma (meno bianca e più trasparente) che provvederemo ad eliminare.
Quando il burro comincia ad imbrunire leggermente sulle pareti del pentolino, togliamolo dal fuoco e riponiamolo in un vasetto di vetro filtrandolo con una garza di cotone. Attenzione: bisogna essere rapidi, non lasciate che il burro assuma un colore scuro: deve essere giallo e trasparente.
Lasciate che si raddensi e riponetelo in frigo.